Strappare lungo i bordi - recensione

Questa volta non mi soffermo sugli aspetti tecnici della serie animata (tra l'altro c'è poco da dire è fatta benissimo), mi concentro su tutto il resto. Perché Strappare lungo i bordi è molto di più di una meravigliosa serie animata. È uno splendido quanto terribile specchio della realtà. 

Una realtà quasi sempre ignorata, bistrattata, presa in giro perché riguarda le generazioni degli anni Ottanta e Novanta (la mia) delle periferie, della classe media e di qualcuna più sotto. Una generazione di cui la politica non si prende cura. Una generazione che per le grandi imprese non ha sembianze umane, poiché per loro non abbiamo volto ma siamo solo la rappresentazione del simbolo del denaro che loro in ogni modo devono prendere da noi. E quando ci assumono, quel poco denaro che ci danno come paga, se lo riprendono con gli interessi. 

E ci assumono solo per periodi limitati di tempo, il contratto a tempo indeterminato ormai è una figura mitologica, con contratti di lavoro che non sono contratti ma solo moderne forme di schiavitù, e il denaro che ci danno non è mai equiparabile allo sforzo fisico e psicologico fatto per ottenerlo. 


Siamo la generazione dei contratti part-time, degli stage non retribuiti, del precariato, dei contratti weekend, dei contratti da facchino, dei contratti da collaboratore. Il tutto con la gioia dei politici che possono affermare:"Con noi la disoccupazione è scesa del..." dimenticandosi di dire che dopo 3/6 mesi salirà di nuovo perché quei contratti scadranno, dimenticandosi di dire che con quei soldi non abbiamo potuto realizzare neanche mezzo progetto di vita, erano troppo pochi. E poi con soli 6 mesi di stipendio dove vai. 

Siamo definiti "mammoni", e ti credo, se non ci fosse la mamma e il papà non ci saremmo neanche noi, dato che lo Stato non ce se incula de' pezza. Scusate, ma sono romano anche io e pure io vengo dalla periferia.

Siamo la generazione delle lotte mai vinte o peggio ancora mai iniziate. Della depressione e del senso di inutilità. Della rabbia e della paura. Di un passato felice, un presente difficile e un futuro che non c'è. 


Ed ecco qui che tutto ciò che ha vissuto Zerocalcare e i suoi amici ci sembra famigliare. Perché è così. Le nostre vite, non per colpa nostra, sono tutte uguali.

La sua serie è il racconto più lucido, profondo, divertente e straziante della realtà.

L'Italia dopo Paolo Villaggio e Carlo Verdone, ha trovato un altro artista che è capace meglio di chiunque altro a rappresentare la realtà, estremizzando il tutto, ed è anche capace di renderla persino divertente. Capace di creare personaggi che sono stereotipi perfetti di noi stessi e delle persone che conosciamo. Si piange con Strappare lungo i bordi. Ma si ride anche, nonostante tutto. 


Io Zerocalcare lo conoscevo (come artista) praticamente da sempre, da "La profezia dell'armadillo", primo fumetto dell'artista romano. Sapevo che era bravo. Sapevo che i suoi personaggi erano fantastici. E finalmente, ora, lo sapete anche tutti voi.

Ma se non avete ancora visto Strappare lungo i bordi, aprite immediatamente l'app di Netflix e rimediate a questo errore.

Nun diventate n'accollo, nun schivate la vita.

Grazie Zero. 

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